L' Emigrazione Messicana é il futuro degli Stati Uniti.

Publicado en por Jesus Edmundo Coronado Contreras

La percezione comune di americani ed europei è che il maggior problema per gli Stati Uniti nei prossimi decenni verrà dal terrorismo islamico, mentre quello per il Vecchio Continente sarà l'emigrazione dei derelitti dal sud del mondo, dal Africa in particolare. Ma la preoccupazioni per l`America sara anche la emigrazione.
"Il flusso continuo di immigranti ispanici, provenienti in massima parte dal Messico, minaccia di dividere gli Stati Uniti in due popoli, due culture e due lingue." E cosi il gran problema degli americani e anche dei messicani.
La prima guerra di espansione della superpotenza in fieri, e l'unica dichiaratamente territoriale, se non si considerano le Guerre Indiane come tali. Il Messico fu ridimensionato in modo drammatico, perdendo metà del suo territorio e la totalità delle sue ambizioni di supremazia. Se ciò non fosse avvenuto, oggi nel Nord America vi sarebbe forse un secondo Brasile. Ma era forse ineluttabile per un Paese che, come recita un vecchio adagio dei tempi della rivoluzione zapatista, "E' così lontano da Dio e così vicino agli Stati Uniti". Né i messicani né gli americani hanno del tutto obliato quell'evento..
La revanche messicana e' una invasione caotica, pacifica, disarmata e non programmata, ma allo stesso tempo inarrestabile. E' caratterizzata dalla consueta potenza demografica dei suoi protagonisti rispetto alle popolazioni ospitanti, che accomunano il fenomeno ai similari che sono avvenuti e avvengono (compresi i citati afflussi dal Nord Africa in Europa). Presenta anche una serie di caratteristiche uniche e specifiche del contesto; alcune sono.
Contiguità geografica. Gli Stati Uniti condividono duemila miglia di frontiera del tutto permeabile con il Messico, un paese del Terzo Mondo) che è un quarto di quello americano. La contiguità geografica consente alle famiglie degli emigrati di rimanere in osmosi con le loro città e ambienti di origine. L'arretratezza culturale a volte lo impone. Si tratta dell'unico caso al mondo di un contatto diretto fra i più ricchi dei ricchi e i più poveri dei poveri. Ma un altro potrebbe essere anche la strana coppia Israele-Palestina prima dell'Intifada e della costruzione della barriera. E forse dopo la Road Map, se mai avrà successo. Ma si tratta di un altro ordine di grandezza. Le masse umane interessate dall'evento, al di qua e al di là del Rio Grande in America , sono colossali.
Dimensioni statistiche.Il 27,6 percento del totale dai nati negli USA da stranieri legalmente residenti sono messicani, come il 25 percento dei cittadini naturalizzati negli anni dal 1971 al 1999. Negli anni Novanta era messicano il 50 percento degli immigrati ispanici. Questi a loro volta formavano la metà di tutti gli espatriati negli States. Nel 2000 gli ispanici erano il 12 percento dell'intera popolazione americana, avendo superato gli afroamericani; nel 2050 saranno il 25 percento. La loro fertilità è doppia di quella dei bianchi e dei neri, già alte per standard occidentali,. Questo vale per quelli con le carte in regola. I messicani illegali presunti sono passati dai 4 milioni del 1995 agli 8-10 del 2003. Sono 25 volte più numerosi del contingente a seguire, i salvadoregni. Tenendo conto dei clandestini, il totale degli ispanici potrebbe salire al 20 percento della popolazione complessiva, con un 35 percento nel 2050. Più della metà messicani, forse molto di più.
Concentrazione regionale. E' forse l'aspetto più preoccupante del fenomeno e uno dei più peculiari. Metà degli immigrati abita in California, due terzi negli stati nel sudovest. Quasi metà degli abitanti di Los Angeles sono ispanici, 64 percento dei quali messicani. Fra i giovani le percentuali si impennano. Il 70 percento di studenti del distretto scolastico unificato di Los Angeles sono ispanici, come nel 2003 la maggioranza dei nuovi nati in tutta la California. Non accadeva dal 1850. Il fenomeno non mostra segni di rallentamento, come è accaduto in passato per le varie ondate migratorie dall'Europa e dall'Asia. In Florida esiste già un esempio concreto di quella che potrebbe diventare una tipica enclave ispanica degli Stati Uniti e cioè Miami. Frutto non di una emigrazione derelitta come quella messicana ma della fuga dalla Cuba castrista delle sue classi medie, ha completamente cambiato natura e pelle della città. Due terzi della sua popolazione sono costituiti da ispanici, e il 75 percento non parla inglese in famiglia. Il 60 percento è nato nell'isola caraibica o in altri paesi dell'America Latina. Il potere, la cultura e lo sviluppo sono nelle loro mani. Hanno investito nelle attività economiche della città le cospicue risorse che avevano depositato nelle banche americane quando il Lider Maximo prese il potere. Miami ha più rapporti con il Centro e Sudamerica che con il suo retroterra continentale. Dal 1983 al 1993 140.000 abitanti "anglo" l'hanno lasciata. L'ultimo, secondo una nota battuta, ammainando la bandiera a stelle e strisce e portandosela via. Il giorno che Cuba dovesse de-castrizzarsi, forse anche gli altri gringos rimasti seguirebbero.
Pretese storiche. Nessuna delle migrazioni che di volta in volta sono approdate negli USA ha mai avanzato alcuna pretesa territoriale o di altra natura nei loro confronti. Bastavano le immense opportunità di un continente vergine. Per la prima volta ciò sta succedendo. I messicani possono rivendicare, con legittimità storica, le terre strappate loro dagli americani nelle guerre ottocentesche. Lo stanno facendo in modo sempre più consapevole. Texas, Nuovo Messico, Arizona, California, Nevada, Utah: sono tutte terre potenzialmente irredente. Il Professor Truillo, della Università del Nuovo Messico, ha anticipato che per il 2080 gli stati settentrionali del Messico e meridionali degli USA formeranno la "Repubblica del Norte". Vari autori cominciano a parlare di Metamerica, Amexica, o Mexifornia. Dagli anni Ottanta il governo messicano ha apertamente contribuito a queste rivendicazioni, cercando di estendere l'influenza delle comunità messicane negli USA e i loro collegamenti con la madrepatria. Qualche anno fa il Presidente Vincente Fox, nel suo discorso di insediamento si dichiarò leader di 123 milioni di messicani, 100 nel Messico e 23 negli Stati Uniti.
Questi ultimi finiscono per professare una doppia appartenenza, una fedeltà a due patrie. E' evidente quale di esse determina il maggior coinvolgimento emotivo. Sotto la protezione del NAFTA, che impedisce l'erezione di barriere e steccati da parte degli spaventati sudisti statunitensi, la "Mexicanidad" degli antichi confini originari è sempre più enfatizzata e celebrata."
Difficoltà di assimilazione. Derivano forse da difficoltà culturali obiettive, ma si caricano facilmente di significati legati ai diritti e alle rivendicazioni testé menzionate. I messicani si autoghettizzano con convinzione, aiutati anche dalla diffusione dei media in spagnolo e dalla vicinanza della propria terra. I loro intellettuali teorizzano con orgoglio questo atteggiamento, come un'ennesima prova che "I messicani sono ossessionati dalla storia, gli statunitensi dal futuro." Non rendendosi conto, forse, che le masse di diseredati non possono essere sfamate solo con la storia. Molti di loro vivono all'interno delle comunità di compatrioti senza conoscere una parola di inglese o pretendendo che i loro figli parlino spagnolo in famiglia..
Non potevano fare altro. I messicani possono fare altro e lo fanno. Non accettano lo stilo americano di vivere e non condividono i valori volontaristici ed etici della civiltà che li accoglie. Sono diffidenti verso qualsiasi contesto che non sia quello familiare - il loro, naturalmente. Sono accusati di pigrizia, mancanza di iniziativa, sfiducia verso il duro lavoro e l'educazione come mezzo di elevazione sociale, propensione alla illegalità, fatalismo eccessivo, inclinazione verso quella sindrome del "magnana"
Dopo tante approfondite analisi possiamo dire che questo e uno dei problemi che affrontano l America latina gli Stati Uniti e la unica soluzione e lavorare in comune per far un miglior continente dove posssiamo vivere tutti. Qualsiasi commento mandatelo a: jesuscoronado13@hotmail.com
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